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Emmanuel Van Der Auwera

A promise

About Emmanuel

Portrait picture by Flaviana Frascogna

Emmanuel Van der Auwera a étudié à l’École supérieure d’Art de Clermont-Ferrand, au Fresnoy et poursuit une formation à l’HISK de Gand.

AWARDS / GRANTS
LANGUI Prize, Young Belgium Art Prize Exhibition at Bozar, Belgium, 2015
CNAP, Image mouvement, France, 2012
PRIX MEDIATINE, Belgium, 2012
STATEMENT
Through video, sculpture, photo and installation, my work unfolds notions such as making the invisible become visible, the blank, the missing or the empty. A cryptic perception of reality emerges from the political, historical or scientific context and reference which pave the work. The things I interact with are on the verge of change, engaged in a metamorphosis. A modern day rite of passage for teenager on the web (in A certain amount of clarity), the mechanism of neural cognition (Cabinet d’affects), the printing of the newspaper (Enveloppe another day). These phenomena are questioning the multiple dimensions of reality and produce situations which are deconstructing and exposing their own logic, inviting us to question in return our own relation to the world. Mirrors don’t necessarily have to reflect something to show reflection. I am reflecting on this internal contradiction, exploring among others the dimensions of the intimate and the collective, defining the hybrid territories at the crossroads of sciences, mythology and history. I am exploring borderline states and the phenomena occurring on the fringes of law, of the self and identity, of operational territory of control software and surveillance cameras. It is said that reality itself is in « mutation » due to the radical impact of technology not only on our environment, but also on our very perception of ourselves in relation to the world around us. Virtual worlds and new communication technologies are undoubtedly defining new paradigm in perception. This state produces a new strangeness in many aspects of our interaction with the world and with others.

A promise, serie di ritratti, carta azzima, inchiostro commestibile

A promise si configura come una serie di ritratti di adolescenti incollati alle pareti attraverso l’umidificazione del muro. I visi esposti non sono riconducibili a nessuna persona esistente ma la loro verosimiglianza è data dall’uso di un software per gli Identikit utilizzato dalle forze di polizia ed al quale l’artista ha avuto accesso per un periodo di tempo limitato. La fascinazione di Emmanuel Van der Auwera per le nuove conquiste della teconologia scientifica si potrebbe tradurre in un invito allo spettatore ad interrogarsi sull’essenza umana. Cosa si trova in quello spazio indefinito e dai contorni poco netti situato tra lo sguardo vuoto ed inumano di questi adolescenti virtuali e l’attitudine carica di emozione e di vita di colui che guarda?

Filippino, videoscultura

Filippino fa parte di una serie di videosculture ancora in corso di realizzazione in cui la pellicola polarizzante che compone la superficie dello schermo viene scollata in un processo allo stesso tempo aleatorio e controllato. L’artista, attuando un gesto profondamente pittorico, rimanda alla tecnica del collage come disciplina politica e di contro-propaganda che consiste nel prelevare l’immagine pubblica ed a piegarla, a negarla, per rivelarne l’astrazione. Il gesto è qui esplicitato nell’uso scomposto di uno schermo LCD e nella decostruzione dell’immagine in esso contenuta rivelandone il carattere plurale e stratificato. Quella stessa immagine che racchiude in sé anche la sua negazione ovvero l’assenza di immagine, la luce bianca. Le immagini video utilizzate in questa serie di videosculture sono costituite da found footage, materiale trovato in internet e pensato in base al suo contenuto ma soprattutto in rapporto al suo contenitore: non si tratta più un film ma di un’immagine in movimento ed in questo caso il carattere iconico dell’operazione, rivelando il “rumore bianco” che appare dallo scollamento della pellicola polarizzante, può essere ricondotto alle opere suprematiste di Malevitch il quale, mostrando che è la forma a creare il contenuto, ne ribadisce il carattere iconico consistente proprio nella loro capacità di alludere dal loro stesso interno a qualcosa che si dà solo come assenza. La videoscultura in esposizione trasmette delle immagini di reenactment della crucifissione perpetuata da un gruppo di Filippini cattolici.

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